Contemporanea

Luciano Violante

1.3 Narrazione e contronarrazione

Nell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione, tenuto il 14 settembre 2022, la signora Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea ha esposto concetti che da tempo non erano evocati nel nostro dibattito pubblico: troppo a lungo abbiamo dato per scontata la democrazia, ha detto; oggi ci rendiamo conto di dover combattere per le nostre democrazie, giorno dopo giorno; dobbiamo proteggerle «tanto dalle minacce esterne quanto dai vizi che la corrodono dall’interno». Questa preoccupazione è fondata.

In un discorso pronunciato nel luglio 2016, il leader ungherese Orbán annunciò la fine del modello democratico occidentale sostenendo che per il futuro il modello sarebbero stati i regimi di Russia, Cina e Turchia. «Dobbiamo abbandonare i metodi e i principi liberali nell’organizzazione di una società», dichiarò. «Stiamo costruendo uno Stato volutamente antiliberale, uno Stato non liberale» perché «i valori liberali dell’Occidente oggi includono la corruzione, il sesso e la violenza». Tre anni dopo, il 27 giugno 2019, in una intervista al Financial Times, Putin spiegò che «I liberali non possono più permettersi di dettare le regole come hanno fatto negli ultimi decenni, perché l’ideologia liberale non è più di moda e perché la maggior parte delle persone si è rivoltata contro l’immigrazione, contro l’apertura dei confini e contro il multiculturalismo». Ancora tre anni dopo, nel luglio 2022, Orban, parlando a un gruppo di sostenitori in una regione della Romania che ospita una grande comunità ungherese, riprende il tema identitario: i popoli europei dovrebbero essere liberi di mescolarsi tra loro ma non con i non europei, perché altrimenti si creerebbe un «mondo di razza mista».

Dopo la critica alle liberaldemocrazie e alla “razza mista”, il terzo tema è costituito  dalle denunce di “immoralità sessuale” dell’Occidente. Nel 2012, durante il discorso annuale all’Assemblea federale, il presidente russo spiegò la necessità di lottare contro la comunità euroatlantica che respingerebbe i valori cristiani e i principi morali mettendo in campo «politiche che pongono sullo stesso piano grandi famiglie e le unioni di persone dello stesso sesso, fede in Dio e fede in Satana». Non si tratta di un accenno episodico. In un discorso con cui, pochi giorni prima del 24 febbraio, annunciava l’invasione dell’Ucraina, Putin ha insisto sull’immoralità dell’Occidente, che «ha cercato di distruggere i nostri valori tradizionali e imporci i suoi falsi valori che eroderebbero noi e il nostro popolo dall’interno, comportamenti che hanno imposto in modo aggressivo nei loro paesi, che stanno portando direttamente al degrado e alla degenerazione perché contrari alla natura umana». Domenica 6 marzo 2022 il capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill, ha spiegato che il conflitto in Ucraina è una «lotta metafisica» contro i paesi che autorizzano il Gay Pride e che perciò sono il regno del male. La pratica autoritaria teme le opzioni sessuali non tradizionali come fattori di disordine, segno della praticabilità di alternative al sentire tradizionale e quindi fonte di minacce all’ordine interno.  Orban e Putin hanno aperto un conflitto politico e culturale contro l’Occidente dando forza a posizioni restauratrici presenti in molti paesi occidentali, dagli Stati Uniti alla stessa Italia.

La commerciabilità del corpo genera oppressione sociale.

Ma l’Occidente non ha replicato. Alla narrazione degli Orban e dei Putin, avremmo dovuto opporre una contronarrazione fondata sul pluralismo, sulla libertà, sull’equilibrio dei poteri, sul rispetto delle scelte sessuali di ciascuno, sull’adempimento dei doveri di solidarietà, che sono i principi in base ai quali si sono costituite le democrazie occidentali e che non sono più coltivati con entusiasmo e orgoglio. Non l’abbiamo fatto perché consideriamo, erroneamente, la democrazia un dato acquisito e non più modificabile. Il pluralismo appare una inutile suppellettile, le libertà non sono sentite come conquista ma come naturale acquisizione, l’equilibrio dei poteri un ostacolo alla decisione politica, il rispetto delle scelte sessuali come una concessione alla immoralità, la solidarietà figura non pervenuta.

Si aggiungano due scelte di Paesi occidentali che sono altrettanti scivoli etici e impongono riflessioni di fondo sul concetto stesso di libertà. L’eutanasia dei bambini in Belgio, Olanda e Canada sembra il segno di una deriva che va verso la soppressione dei deboli. Altrettanto grave è l’affitto di utero. Ciò che oggi può apparire un diritto, domani può diventare fonte di nuova schiavitù. Un limite insuperabile all’esercizio dei diritti è la non commerciabilità del corpo umano. La commerciabilità del corpo genera oppressione sociale. Ben sei dei venti Paesi che autorizzano l’affitto d’utero sono in Europa: Regno Unito, Cipro, Grecia, Belgio, Repubblica Ceca e Islanda; si sente dire inoltre che si tratta di una libera scelta. Ebbene, le democrazie non muoiono per omicidio, muoiono per suicidio, quando smarriscono la propria ragion d’essere, le ragioni per le quali si sono costituite. Non parlo perciò di reati, di processi e di punizioni. Parlo della necessità di riprendere ad occuparci attivamente dei valori della nostra democrazia, aprendo anche conflitti intellettuali, se necessario.

Luciano Violante

Professore ordinario di diritto e procedura penale, magistrato e a lungo parlamentare del Pci, del Pds, dei Ds e del Pd, è stato Presidente della Commissione antimafia (1992-1994) e Presidente della Camera dei deputati dal 1996 al 2001. Nel 2017 è stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Dal 2019  è Presidente della Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine. Numerosissime le sue pubblicazioni, fra i suoi libri più recenti ricordiamo Senza vendette (Il Mulino, 2022) e La democrazia non è gratis (Marsilio, 2023).